Qual è il disco che suona meglio in questo 2022?
Una domanda con mille e nessuna risposta, tante sono le uscite discografiche quante le opinioni di chi si siede in contemplazione davanti ai propri speaker.
In questo primo quadrimestre dell’anno, abbiamo provato ad individuare due album per mese che ci hanno particolarmente colpito per la produzione e per la resa sonora attraverso i nostri speaker.
Dall’elettronica al doom, passando per dream-pop e sperimentazioni acustiche.
Ecco cosa abbiamo scelto:
GENNAIO
Burial – Antidawn [Hyperdub]
Il compositore britannico torna con un EP dalla firma inconfondibile. Campionamenti ed atmosfere elettroniche si fondono a field recording e miratissimi interventi vocali che bucano il soundstage e conferiscono spazialità sorprendenti a questo viaggio nell’ambient music.
Aurora – The Gods We Can Touch [Decca / Glassnote Records]
Il piglio 80s di questo disco dell’artista norvegese metterà sicuramente in luce le capacità sulle basse frequenze dei vostri diffusori. Bass synth e drum machine lavorano su più livelli, facendo da contraltare ad una voce registrata con maestria e grande raffinatezza. Gli interventi di strumenti acustici condiscono l’ascolto di tutti gli elementi necessari per godere delle armoniche di un cabinet Sonus faber.
FEBBRAIO
Black Country, New Road – Ants From Up There [Ninja Tune]
La piccola orchestra psichedelica del Regno Unito indovina anche questo secondo disco, impreziosendolo con architetture acustiche ed un approccio più narrativo nel mix della voce. Le discrete cavalcate di percussioni ruvide sembrano provenire da epoche distanti e si mischiano a chitarre chirurgiche. Archi e fiati che faranno brillare i vostri midrange.
Big Thief – Dragon New Warm Mountain I Believe in You [4AD]
Volete una produzione in grado di mescolare il folk della tradizione e garage rock? Chiedete a James Krivchenia. Il batterista di questa giovane band americana – ormai già di culto – riesce ancora una volta ad esplorare nuove prospettive per la scrittura di Adrianne Lenker e compagni. Se cercate percussioni evocative ed una filigrana di chitarre lontane avete trovato il disco che fa per voi.
MARZO
Messa – Close [Svart Records]
La band italiana dimostra una sensibilità compositiva ed artistica fuori dal comune con un disco che riesce a racchiudere ed a far convivere le influenze più disparate. Doom e Jazz non sono mai stati così vicini. Per un ascoltatore attento, i layer di un arrangiamento eccellente schiudono sorprese su tutto lo spettro uditivo.
Rex Orange County – Who Cares? [RCA]
Il golden boy del Surrey si affianca a Benny Sings (già autore per The Free Nationals, Mac DeMarco e molti altri) per comporre e produrre questa raccolta di canzoni Dream-Pop. Tappeti di tastiere e synth sognanti supportati da beat meccanici e groove di basso di pregevole fattura. Arrangiamenti semplici e dinamici che una coppia di Gravis I saprebbero enfatizzare a meraviglia.
APRILE
Father John Misty – Chloë and the Next 20th Century [Sub Pop / Bella Union]
L’istrionico cantautore del Maryland non si smentisce e coltiva la passione per arrangiamenti orchestrali e fantasie circensi. Ad accompagnarlo una big band dal carattere anni ’20 della quale possiamo apprezzare contrabbassi ben mirati ed ottoni d’epoca che spuntano sornioni nello spazio d’ascolto. Se desiderate immaginarvi in un café di Parigi o nella seduta centrata e ben calibrata di un teatro, questo disco ha tutto quello che serve.
Jack White – Fear Of The Dawn [Third Man Records]
Il nuovo lavoro in studio del fondatore dei White Stripes è forte di una ricerca sonora vorticosa, coerentemente legata alla scrittura nervosa ed energica dell’autore di Detroit. Sono ovviamente le chitarre a farla da padrone, che vanno a sposarsi con una sezione ritmica eccellente, che strizza l’occhio al breakbeat. Più di altre volte synth e riverberi fanno capolino per dare maggiore ampiezza agli arrangiamenti.